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ILLECITI DA NON COMMETTERE IN VACANZA

Alcune condotte dei vacanzieri sono penalmente rilevante. Vediamo quali.

Divieto di sostare a ridosso delle dune.
Le dune sono sedimenti sabbiosi creati e modellati dal vento.
Le dune costiere, in particolare, rappresentano un importante ecosistema meritevole di tutela anche per l’importante ruolo che ricoprono nella difesa della costa dall’ingressione del mare durante le mareggiate.
Sono una riserva naturale di sabbia che può ricostituire la spiaggia dopo tali tempeste con un meccanismo naturale.
Per questi motivi, in alcune spiagge è possibile vietare la sosta o l’attraversamento delle dune con i veicoli e a piedi.
Tali divieti hanno il fine di tutelare l’ambiente e la naturalità delle dune, ivi compreso il loro ecosistema e le sanzioni possono essere anche molto gravi: da una sanzione amministrativa pecuniaria al reato di distruzione o deturpamento di bellezze naturali previsto dall’art. 734 c.p., il quale dispone che “chiunque, mediante costruzioni, demolizioni, o in qualsiasi altro modo, distrugge o altera le bellezze naturali dei luoghi soggetti alla speciale protezione dell’autorità, è punito con l’ammenda da euro 1.032 a euro 6.197“.

Abbandono di rifiuti
Nell’ultima indagine effettuata da Legambiente (Beach Litter) sono stati censiti 834 rifiuti ogni 100 metri di spiaggia, la maggior parte di plastica.
A norma del Codice dell’ambiente (introdotto con d. lgs. 152/2006) e, più nello specifico, dell’art. 255 dello stesso “chiunque abbandona o deposita rifiuti ovvero li immette nelle acque superficiali o sotterranee è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da trecento euro a tremila euro.
Se l’abbandono riguarda rifiuti pericolosi, la sanzione amministrativa è aumentata fino al doppio“.
La legge n. 221/2015 ha provveduto, poi, ad inserire due nuovi articoli nel d. lgs. 152/2006 con il quale si dispone il divieto di abbandono dei rifiuti di piccole dimensioni, quali mozziconi di sigarette, scontrini, fazzoletti.
▪️ A tal fine, con l’art. 232-bis si dispone che “i comuni provvedono a installare nelle strade, nei parchi e nei luoghi di alta aggregazione sociale appositi raccoglitori per la raccolta dei mozziconi dei prodotti da fumo.
Al fine di sensibilizzare i consumatori sulle conseguenze nocive per l’ambiente derivanti dall’abbandono dei mozziconi dei prodotti da fumo, i produttori, in collaborazione con il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, attuano campagne di informazione.
È vietato l’abbandono di mozziconi dei prodotti da fumo sul suolo, nelle acque e negli scarichi“.
▪️Il comma 1-bis del presente articolo prevede le relative sanzioni disponendo che “chiunque viola il divieto di cui all’articolo 232-ter è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro trenta a euro centocinquanta.
Se l’abbandono riguarda i rifiuti di prodotti da fumo di cui all’articolo 232-bis, la sanzione amministrativa è aumentata fino al doppio“.

Divieto di balneazione
Come detto sopra, eventuali disposizioni poste a tutela dell’ambiente (nel nostro caso, delle spiagge) sono emanate a seconda del luogo, con provvedimenti comunali o regionali.
Anche per i divieti di balneazione vale questa regola, con l’unica differenza che tale divieto viene disposto anche per tutelare l’incolumità delle persone.
Infatti, vengono disposti in caso discarsa qualità delle acque di balneazione o di pericolo di dissesto idrogeologico.
Normativa di riferimento si rinviene nel d. lgs. 116/2008 che ha recepito la Direttiva Balneazione (direttiva 2006/7/CE) in materia di gestione della qualità delle acque di balneazione, a cui ha fatto seguito il D.M. 30 marzo 2010 il quale ha dato attuazione a tali disposizioni definendo i criteri per determinare il divieto di balneazione.
La Regione individua le acque di balneazione ed i punti di monitoraggio, mentre ai comuni spetta la delimitazione delle acque non adibite alla balneazione e delle acque di balneazione permanentemente vietate.
Essendo poste a tutela dell’incolumità delle persone, il mancato rispetto di tali disposizioni comporta sanzioni anche molto elevate.
▪️ L’art. 1164 del Codice della Navigazione stabilisce in via generale che “chiunque non osserva una disposizione di legge o regolamento, ovvero un provvedimento legalmente dato dall’autorità competente relativamente all’uso del demanio marittimo o aeronautico ovvero delle zone portuali della navigazione interna è punito, se il fatto non costituisce reato, con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 1.032 a euro 3.098.

Maltrattamento di animali
Catturare gli animali marini mettendoli in un secchiello per “giocarci” configura il reato di maltrattamento di animali ai sensi dell’art. 544-ter c.p., il quale dispone che “chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona una lesione ad un animale ovvero lo sottopone a sevizie o a comportamenti o a fatiche o a lavori insopportabili per le sue caratteristiche etologiche è punito con la reclusione da tre a diciotto mesi o con la multa da 5.000 a 30.000 euro.
La stessa pena si applica a chiunque somministra agli animali sostanze stupefacenti o vietate ovvero li sottopone a trattamenti che procurano un danno alla salute degli stessi.
La pena è aumentata della metà se dai fatti di cui al primo comma deriva la morte dell’animale“.
Fattispecie autonoma di reato è invece l’uccisione di animali di cui all’art. 544-bis c.p. il quale dispone che “chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona la morte di un animale è punito con la reclusione da quattro mesi a due anni“.
Secondo una (sbagliata) concezione sociale, gli animali marini non sono equiparati agli animali domestici e, pertanto, possono essere oggetto di “giochi” o, come detto, di veri e propri maltrattamenti.
In realtà le disposizioni in oggetto sono rivolte a qualsiasi specie di animale, ivi compresi, dunque, anche quelli marini come granchi, stelle marine, ricci, pesci, polpi, meduse, etc.

Pesca dei datteri di mare
In Italia la loro pesca era vietata già dal D.M. 16 ottobre 1998, mentre il divieto a livello europeo è arrivato solo nel 2006 con regolamento 1967/2006.
I motivi per i quali la pesca dei datteri di mare è vietata si ricavano proprio dalla loro natura: essendo incastonati negli scogli o, comunque, nelle rocce costiere, il loro prelevamento comporta la distruzione di interi pezzi di costa con conseguenti danni ambientali.
Anche la Corte di Cassazione si è espressa “i datteri di mare possono essere prelevati solo previa distruzione delle rocce in cui gli stessi si annidano, di conseguenza, il profitto del reato deve essere individuato avendo riguardo non tanto e non solo alle operazioni di commercializzazione degli stessi, bensì alle complessive condotte integranti i reati di inquinamento ambientale e di disastro ambientale” (Cass., sent. n. 40325/2021).
Tali reati, prevedono che “è punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa da euro 10.000 a euro 100.000 chiunque abusivamente cagiona una compromissione o un deterioramento significativi e misurabili:
1) delle acque o dell’aria, o di porzioni estese o significative del suolo o del sottosuolo;
2) di un ecosistema, della biodiversità, anche agraria, della flora o della fauna.
Quando l’inquinamento è prodotto in un’area naturale protetta o sottoposta a vincolo paesaggistico, ambientale, storico, artistico, architettonico o archeologico, ovvero in danno di specie animali o vegetali protette, la pena è aumentata” (art. 452-bis c.p.); e che “chiunque abusivamente cagiona un disastro ambientale è punito con la reclusione da cinque a quindici anni.
▪️ Costituiscono disastro ambientale alternativamente:
1) l’alterazione irreversibile dell’equilibrio di un ecosistema;
2) l’alterazione dell’equilibrio di un ecosistema la cui eliminazione risulti particolarmente onerosa e conseguibile solo con provvedimenti eccezionali;
3) l’offesa alla pubblica incolumità in ragione della rilevanza del fatto per l’estensione della compromissione o dei suoi effetti lesivi ovvero per il numero di persone offese o esposte al pericolo.
Quando il disastro è prodotto in un’area naturale protetta o sottoposta a vincolo paesaggistico, ambientale, storico, artistico, architettonico o archeologico, ovvero in danno di specie animali o vegetali protette, la pena è aumentata” (art. 452-quater c.p.).